Che cosa sono gli zuccheri?
A cosa servono gli zuccheri?
Negli ultimi anni i nutrizionisti si sono concentrati in una sorta di “guerra” alle proteine, la maggior parte degli esperti si è però dimenticata di uno dei più grandi nemici della nostra salute: lo zucchero.
Cosa sono gli zuccheri e a cosa servono?
Spesso si sente dire “Lo zucchero serve al cervello” o “Lo zucchero serve ai muscoli”, ma sarà vero? Dal punto di vista strettamente biochimico è certamente corretto: il cervello utilizza zucchero per la maggior parte del tempo e i muscoli lo utilizzano come combustibile per le loro attività, quando l’intensità della stessa è piuttosto elevata.
L’informazione in se è scientificamente vera, ma è stata poi tradotta male in termini di pratica quotidiana. Quelli che il nostro organismo riconosce e metabolizza come zuccheri infatti, noi li introduciamo sotto forma di carboidrati, che possono essere semplici o complessi.
Se da un lato lo zucchero serve a muscoli e cervello e in generale al metabolismo energetico, quello che non viene sempre detto è che il corpo può facilmente produrlo da sé attraverso la metabolizzazione di carboidrati complessi, e non necessariamente dall’assunzione diretta.
La differenza tra carboidrati semplici e complessi sta soprattutto nella velocità di assorbimento: i primi vengono assorbiti molto velocemente e facilmente dall’organismo, mentre i carboidrati complessi devono essere prima “smontati” nelle loro componenti unitarie e impiegano di conseguenza più tempo per essere utilizzabili dai tessuti.
Quali alimenti contengono più zucchero?
I carboidrati complessi li troviamo in cereali integrali, tuberi e legumi: in questi alimenti sono presenti anche molte fibre, che ne modulano la digestione.
I carboidrati semplici invece caratterizzano in genere il sapore dolce degli alimenti e sono contenuti in frutta, zucchero da tavola, miele, latte, e per estensione in tutti i prodotti del commercio che li utilizzano come ingredienti, come yogurt, dolci, merendine, biscotti, cereali da colazione, marmellate, succhi di frutta e bevande. Le verdure contengono quantità minime di carboidrati semplici e una rilevante porzione di fibre.
Perché allora si raccomanda il consumo di frutta e non quello di dolci? La frutta contiene anche molta acqua, fibre che modulano l’assorbimento dello zucchero e micronutrienti come vitamine e sali minerali, importanti per molte funzioni del nostro corpo. Nei dolci sono contenuti invece solo zuccheri e al massimo grassi e additivi.
Le linee guida ci dicono comunque di limitare l’apporto di zuccheri semplici al massimo per il 15% del nostro introito energetico totale, e di circoscrivere il consumo di frutta a 2 massimo 3 porzioni giornaliere da circa 150 grammi.
Fanno più male gli zuccheri o i grassi?
Per anni sono stati demonizzati i grassi, con una lotta a tutto campo che è durata fin troppo e che ora per fortuna sembra volgere al tramonto. Oggi sappiamo che l’assunzione di grassi va tutelata e non ridotta eccessivamente, distinguendo tra grassi sani e grassi meno sani.
Al momento tutta l’attenzione in ambito nutrizionale si rivolge all’abuso di zucchero, perché senza dubbio ormai molti dati ci dicono che la quantità di zucchero e di cereali raffinati che abbiamo mangiato negli ultimi tempi è stata indubbiamente molto elevata e concorre all’aumento dei casi di sovrappeso e obesità, condizioni che a loro volta aumentano il rischio di incorrere in malattie non trasmissibili come la sindrome metabolica, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumore.
Il comune denominatore quindi è il consumo eccessivo, qualsiasi sia il macronutriente che si prende in esame. Questo è particolarmente vero soprattutto perché, dal dopoguerra a oggi, i nostri livelli di attività fisica e di lavoro fisico sono diminuiti in maniera rilevante.
Quando il lavoro di una persona è prevalentemente fisico, la tolleranza a cereali, anche raffinati, ed eventualmente zuccheri non fa bene comunque, ma è sicuramente più accettabile. Quando accoppiamo un elevato utilizzo di cereali raffinati o zuccheri e sedentarietà importante, ecco che la sommatoria degli effetti derivati diventa molto pericolosa.
Troppo zucchero nell’organismo: tutta la verità!
Provate a immaginare per un secondo l’ingranaggio di un bellissimo orologio con tutti i suoi piccoli pezzi assemblati con attenzione da un mastro orologiaio di altissima qualità: se ci versassimo sopra un barattolo di miele in pochissimo tempo l’intero meccanismo si incepperebbe, perché verrebbe letteralmente appiccicato in ogni sua componente dallo zucchero contenuto nel miele.
Questo, in misura simile, è quello che succede nel nostro organismo quando mangiamo troppo zucchero. Si stima che negli Stati Uniti una persona mangi circa 70 kg di zucchero in un anno, e anche se in Italia non siamo ancora a quei livelli, sommando allo zucchero che aggiungiamo ad ogni caffè, al tè, quello contenuto nei dolci, e ancora la grande quantità di cereali raffinati che tendiamo a mangiare troppo come la pizza, il pane, la pasta, le patate, i tramezzini e i panini, viene fuori una quantità di zucchero decisamente troppo elevata per il nostro organismo.
Di seguito elencati gli effetti nel tempo:
- Effetti immediati - Una gran quantità di zucchero che viene metabolizzato e assorbito velocemente provoca un repentino innalzamento della glicemia nel nostro corpo, che reagisce con una sovrapproduzione altrettanto veloce di insulina.
- Effetti a medio termine e rischio aumentato di sviluppare malattie - Se reiterato nel tempo in maniera continuativa, questo fenomeno non viene tollerato bene: il meccanismo tende a stararsi, portando a un maggior rischio di sviluppare insulino-resistenza, ovvero una minor efficacia dell’insulina. Sovrappeso, obesità e stato infiammatorio generale dell’organismo sono correlati.
- Effetti a lungo termine e malattie croniche - Una eccessiva quantità di zuccheri induce allo sviluppo di malattie croniche come il diabete, porta di ingresso per la sindrome metabolica, e di alcuni tipi di tumore.
Esistono anche degli effetti secondari dell’assunzione eccessiva di zucchero, come ad esempio i danni sulla pelle. L’eccesso di zucchero rende infatti più facile la creazione di un suo legame con le proteine corporee, determinando l’alterazione strutturale e la perdita di funzionalità di queste ultime.
Questo processo si chiama glicazione, e un suo esempio molto semplice è quello che accade sulla pelle delle persone: lo zucchero si lega in particolare a collagene ed elastina, due proteine contenute nel tessuto cutaneo, provocandone l’invecchiamento accelerato.
L’invecchiamento della pelle è una manifestazione visibile del danno che lo zucchero crea, ma quello che accade al collagene e all’elastina accade anche in tutti gli altri tessuti non visibili.
Ridurre gli zuccheri nella dieta
Un primo passo per cominciare a correggere la propria alimentazione e per fare qualcosa di concreto per rallentare il processo di invecchiamento, è eliminare gli zuccheri inutili dalla dieta quotidiana e abituarsi a una dieta che sia esclusivamente fatta di alimenti privi di questo carico glicemico così potente che destabilizza il nostro metabolismo.
Non significa che non si possa mai più mangiare nulla di dolce: un consumo occasionale di prodotti dolci può esserci finché si tratta di un’eccezione. In quanto eccezione, non ha nessuna importanza se si tratti di zucchero bianco o di canna, bisogna godersela senza sensi di colpa, a patto che nella normalità della vita di tutti i giorni non vi sia un consumo continuativo.
Da dove partire: iniziando ad eliminare lo zucchero da caffè, the e tisane, il biscottino la mattina o il dolce dopo ogni pasto, la fetta biscottata non integrale con marmellata, le bibite. Cominciare a lavorare su queste cose ci permette di ridurre il consumo di zucchero, modificando le abitudini quotidiane.
Nel momento in cui la regola diventa questa, non c’è nessun problema di tanto in tanto a concedersi un’eccezione e a farlo in maniera rilassata, perché è chiaro che il cibo ha anche un aspetto emotivo e fa parte della nostra interazione sociale.
E per quanto riguarda i cereali? Come detto in precedenza, i carboidrati complessi contenuti nei cereali sono alla base del metabolismo energetico, quindi dovrebbero essere sempre presenti all’interno di una dieta bilanciata, ben dosati rispetto alla quantità di attività fisica che si svolge e preferibilmente integrali.
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La dipendenza da zuccheri
Le grandi aziende alimentari hanno fatto molta ricerca per capire come dosare esattamente lo zucchero, così come grassi e sale, per ottenere quello che si chiama il “bliss point”, cioè la massima risposta sensoriale di piacere data da un alimento.
Questa massima risposta sensoriale è connessa a una grande produzione di dopamina, un neurotrasmettitore che provoca la sensazione di piacere e di appagamento ma che, al tempo stesso, crea anche una certa forma di dipendenza.
Quindi i cibi zuccherini hanno un’azione che va molto oltre quella puramente metabolica: sono buoni e hanno una grande capacità di dare un senso di soddisfazione, favorendo in questo modo il rilascio di dopamina nel cervello; ci appagano e ci rendono felici ma allo stesso tempo tendono a farci diventare dipendenti e schiavi di un’assunzione continuativa.
Questo meccanismo, unito alla facilità attuale di reperire cibi di questo tipo, ha determinato una presenza ubiquitaria dello zucchero nei prodotti industriali, aumentando di fatto il rischio di dipendenza, in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Se le aziende studiano gli alimenti a tavolino per renderli irresistibili, è difficile mantenere un determinato regime alimentare, soprattutto per le persone che sono più vulnerabili, come i bambini, che quindi ne assumeranno in eccesso.
Non è affatto impossibile liberarsi da questi problemi, il modo per proteggersi davvero è esercitare con forza una serie di decisioni concatenate e portarle avanti per un tempo sufficiente a farle diventare delle abitudini, ad esempio:
- Evitare di comprare e tenere in casa alcuni tipi di alimenti: la casa deve diventare una specie di “Tempio della Salute” dove determinate cose non entrano.
- Decidere che le cose dolci diventino delle eccezioni da assaporare con gusto solo nelle occasioni speciali e che queste debbano essere limitate ad 1-2 volte a settimana.
- Decidere di eliminare l’uso di zucchero aggiunto inutile come quello in caffè, succhi, bibite, alcol.
- Cercare di “sostituire” invece di “eliminare” del tutto, ad esempio, i dolci meno sani con la frutta, oppure utilizzare la Stevia come dolcificante naturale e decidere che il dolce quotidiano sia dato da un paio di frutti buoni e di stagione, assunti magari come snack a metà mattina e pomeriggio.
- Decidere di abituare i pensieri a cercare dolcezza in altre cose della vita.
- Decidere di dedicare tempo ad apprendere almeno una tecnica di rilassamento che contribuisca a ridurre lo stress e quindi la ricerca di zucchero. Per esempio sono utili il training autogeno, la meditazione mindfulness e lo yoga.
- Non contare solo sulla forza di volontà: troppo facile pensare di essere così forti da vincere tutte le battaglie ma è meglio riconoscere le proprie debolezze e cercare di organizzare delle ricompense pianificate. Dopo una settimana senza zucchero, per esempio, concedersi un gelato. È importante darsi delle scadenze ma anche procedere un passo alla volta per cercare di risolvere un problema. Così facendo il corpo inizierà a premiarti con delle sensazioni di maggior energia, lucidità mentale e percepirà questa ricompensa dando vita a un cambiamento che sarà veramente duraturo nel tempo perché basato su una sensazione di maggior benessere.
Superare una soglia temporale di circa due mesi aiuterà a rendere il gesto automatico.
La fatica che un’azione richiede all’inizio diminuisce nel tempo con l’esposizione, perché il corpo e la mente si abituano alla nuova condizione e diventa evidente alla persona che è capace di vivere bene nel nuovo contesto. Una volta che viene acquisita l’automaticità, sul piano psicologico non adottare il nuovo comportamento costerà più fatica che adottarlo. Ad esempio, in chi ha superato lo scoglio, l’idea di mettere lo zucchero nel caffè crea quasi un disturbo rispetto al berlo amaro. Non si tratta di un miracolo, di gusti personali innati, di fortuna o di genetica ma semplicemente di abitudini che ognuno di noi può adottare con la giusta strategia.